Intrighi d'Italia: Dalla morte di Cavour alla Grande guerra: le trame nascoste che non ci sono sui libri di storia by Giovanni Fasanella Antonella Grippo

Intrighi d'Italia: Dalla morte di Cavour alla Grande guerra: le trame nascoste che non ci sono sui libri di storia by Giovanni Fasanella Antonella Grippo

autore:Giovanni Fasanella, Antonella Grippo [Giovanni Fasanella, Antonella Grippo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Saggio
ISBN: 9788873396871
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2012-10-08T22:00:00+00:00


Antonio Labriola fu il solo, tra i dirigenti nazionali socialisti, che ritenne necessario prendere direttamente posizione in merito alle lotte siciliane. E lo fece tramite una lunga lettera al leader palermitano Bosco, in cui rivelò l’ambiguità della posizione dei Fasci nei confronti dei dimostranti:

La vostra posizione – intendo dire dell’intero partito e non di voi persona – è certamente grave; anzi è addirittura imbarazzante. In Sicilia sono accadute cose, che vanno assai al di là da quanto potesse mai essere nelle vostre più calde ispirazioni, e che parranno a molti aspra smentita a tutti i propositi e disegni di regolare organizzazione e di metodica propaganda. Ma oramai non c’è che fare. [...] Accetterete voi, che foste i primi organizzatori e gli iniziatori del movimento socialistico, tutta intera la responsabilità di una situazione, la quale, sebbene da voi non preparata a disegno né voluta ad arte, pure è in buona parte, e parrà più che non sia, effetto, per quanto né voluto né previsto, dell’azione vostra? 17

Era, questa posta da Labriola, la domanda centrale non solo per i fatti siciliani ma per l’intero sviluppo del movimento socialista in Italia. Infatti, proseguiva il politico:

Rifiutarsi senz’altro di accettare tale responsabilità, sarebbe come voler dire, che a noi socialisti fa comodo di separarci dal proletariato, tutte le volte che esso, sollevandosi, trascorra in eccessi, cioè metta in gioco le sue proprie passioni, e riveli, in una parola, l’indole sua. [...] Ma d’altra parte il fondersi, anzi il confondersi esclusivamente con l’attuale inaspettata rivolta, sarebbe come un voler mandare in fumo ogni idea di regolare organizzazione delle forze proletarie, e un barattare il principio della lotta politica: il che, in altri termini, si riduce a disconoscere le vie ed i mezzi della rivoluzione proletaria. Su questo filo sottilissimo dovranno reggersi le vostre deliberazioni; e non è chi voglia o possa invidiarvi, che abbiate da decider qualcosa in tali contingenze. 18

Nel «Manifesto» di appoggio alle lotte, i capi dei Fasci cercarono di muoversi appunto su questo «filo sottilissimo», ribaltando la responsabilità del mancato dialogo – e quindi delle derivanti violenze – sulla borghesia, sorda alle esigenze dei lavoratori. Si leggeva nel proclama:

Lavoratori della Sicilia! La nostra isola rosseggia del sangue di compagni che, sfruttati e immiseriti, hanno manifestato il loro malcontento contro un sistema dal quale indarno avete sperato giustizia, benessere, libertà. L’agitazione presente è il portato doloroso ma necessario di un ordine di cose inesorabilmente condannato e mette la borghesia nella necessità o di seguire le esigenze dei tempi o di abbandonarsi a repressioni brutali. 19

Si scelse la seconda strada, e i ribelli furono sfamati con il piombo di re Umberto I e del Parlamento italiano. Fucili contro pietre, continuò l’intifada siciliana.

A Giardiniello una decina di persone fu uccisa dal fuoco incrociato dell’esercito e delle guardie campestri. A Lercara ci furono undici morti e decine di feriti. A loro si aggiunsero, in una contabilità triste ed efferata, i morti di Gibellina (dove il pretore venne lapidato dalla folla che aveva avuto venti morti), Marineo, Pietraperzia, Santa Caterina di Villarmosa, per un totale di novantadue decessi accertati e innumerevoli feriti.



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